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On.
Off.
Continuava a premere l’interruttore.
Seduto, una sedia di legno antica, lo schienale marchiato a fuoco con il disegno di una rosa nel centro.
Il tavolino davanti ai piedi, piccolo, tondo.
Un centrino di duecento anni prima, a crearlo mani esperte, mani antiche, mani plasmate da chissà quali fatiche.
Sopra al centrino c’era lei: l’abat-jour.
On.
Off.
Continuava a premere l’interruttore.
Luce.
Buio.
Osservava la luce spegnersi, la lampadina perdere il contatto con la corrente e la luce venir meno affievolendosi al centro.
On.
Off.
Un attimo di luce e poi il buio.
Luce e buio.
Non guardava altro, solo quella piccola, fragile fonte di luce: la lampadina.
Un attimo.
Questo era il tempo necessario per spegnerla, un attimo di luce, poi subito il buio, prima di premerlo ancora “on” e vederla di nuovo.
Vedere di nuovo la luce.
Una luce diversa.
“Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume”.
Solo allora aveva capito.
Solo allora; spegnendo e accendendo la luce, capì che quella luce non era la stessa, che ogni volta che si spegneva era persa per sempre, sarebbe tornata, ma diversa.
On – off.
Un attimo per creare qualcosa, un attimo per distruggerla.
Lui così aveva fatto.
In un attimo, l’aveva presa, stretto tra le dita i capelli.
Tirata verso di sé prima di sentirlo.
Caldo.
Il sangue colare sul pugno.
On – off.
Labbro spaccato, lingua tagliata dai denti, mandibola gonfia, osso scheggiato.
On – off.
Capelli strappati.
Inerme a terra.
On – off.
Così si era seduto e l’aveva premuto: l’interruttore.
Luce.
Buio.
Un attimo era bastato.
Un attimo di troppo.
Un attimo di troppo ed era arrivato: off.
Altre volte aveva chiesto scusa, a lei e a se stesso.
Altre volte si era promesso da solo: cambierò.
Altre volte non ci era riuscito, la rabbia arrivava in silenzio: on, poi subito off.
Altre volte l’aveva premuto quel tasto e si era spento, diventando violento.
On.
Questa volta però non si era riaccesa, era bruciata.
Off.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Ermal Meta – Vietato morire: