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Un panciotto.
Indossava un panciotto.
Non perché gli piacesse, perché era utile, eh sì, un tempo il panciotto era una necessità, non un vezzo di stile.
Il panciotto era indispensabile per poterlo indossare, per poterlo avere sempre con sé: l’orologio da taschino.
Un gesto gentile, elegante, una catena luccicante che pende dal taschino che lo conserva.
Guardare l’ora da un orologio da taschino ha un sapore diverso, antico, raffinato: mite.
La pace, questo provava quando sentiva il ticchettio del tempo battergli vicino al petto, non aveva l’ora sempre a portata di mano, anzi, di polso; per conoscerla doveva, sfilarlo dalla tasca del panciotto, girarlo tra le dita e osservarlo.
Non dipendeva dal tempo, il tempo non era fondamentale per lui, il tempo era un compagno, un amico fedele.
Non significa che non dovesse vivere seguendo le consuete otto ore di lavoro e otto di sonno che regolavano le sue giornate, significa solo che il tempo gli era amico.
Lui lo viveva così.
Lui era un uomo semplice.
Amava il tempo.
Lo misurava.
Lo aggiustava.
Ne era il custode: un orologiaio.
Ma lui si sentiva solo un uomo.
Un uomo che indossava il panciotto ed un orologio da taschino.
Le donne della via, in lui, vedevano altro: un gentiluomo.
Dopo che partì lo giurarono tutte: non se ne videro più, nella via non si trasferì più un uomo così: un gentiluomo.
I gentiluomini, così come gli orologi da taschino, oggigiorno, ammettiamolo: son rari.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Vasco Rossi – L’uomo più semplice: