Il nostro turno

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Taglia l’aria.

C’è fruscio.

La gomma sfiora l’asfalto.

Taglia l’aira.

C’è fruscio.

La gomma sfiora l’asfalto.

Taglia l’aria…

“Arancia, limone, fragola, lampone, kiwi, ciliegia…”

Cantano.

Un cerchio di bambini nel prato.

Due di loro roteano la corda.

Uno al centro salta.

È bravo, ma il gioco è bello quando il bambino che deve saltare cambia.

Lei cantava, stonata, aspettando il suo turno.

Quanto le piaceva giocare a “saltare la corda”.

Quanto si emozionava con tutti quegli occhi puntati addosso.

Lei era sempre la ciliegia o il lampone.

La filastrocca non si fermava mai, la cantavano in coro e quando pronunciavano il suo frutto, sperava sempre che fosse finalmente arrivato il suo turno: il turno di saltare.

Più si era bravi, più il gioco si faceva duro, si doveva saltare all’indietro, incrociare le gambe…si complicava finché non si sbagliava.

Perché lo sbaglio, l’errore, il far “fermare la corda”, aveva un gusto diverso.

Quanto insegnava un gioco, un semplice gioco: spiegava che da un errore sarebbe potuta nascere la possibilità di un altro e, soprattutto, che chi sbaglia non sempre deve rammaricarsene; sbagliando, non si rovinava nulla, anzi, il gioco sarebbe continuato con un nuovo protagonista ed una nuova sfida.

Questo insegnava il gioco con una semplice corda ed una filastrocca, a non prendersela, a saper aspettare il proprio turno, a cederlo, quel turno.

Ecco, insegnava a cedere il proprio posto, il proprio ruolo, ad un altro: al “frutto” che si stava pronunciando mentre la corda si era fermata.

Tutti avevano scelto un frutto e tutti alla fine avrebbero avuto la loro possibilità: il loro turno.

Il tempo che avrebbero trascorso saltando, sarebbe dipeso da loro.

Sorge un dubbio: non è che noi, adulti, grandi, ormai “cresciuti”, si debba correre a prendere una corda ed iniziare a farlo?

Quel gioco: saltare la corda?

Così, magari, tutti potranno avere il proprio turno e le “poltrone” non saranno occupate, scaldate dallo stesso; dallo stesso sedere.

Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.

Lo Stato Sociale – Una vita in vacanza: