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Mal di gola.
Aveva mal di gola, la lana della sciarpa stretta attorno al fragile collo.
Un cappello pesante riparava le orecchie e la fronte dal gelo, teneva al caldo i pensieri.
Guanti di finta pelle tinti di blu.
Una mano stringeva la borsa.
Una mano l’ombrello.
Educata; la pioggia cadeva leggera senza recare troppo disturbo.
Pneumatici, acqua e asfalto.
I tergicristalli danzavano sul parabrezza delle
auto.
Bagnati; gli stivali dall’alto tacco non avevano protetto i piedi dall’acqua: erano zuppi, freddi.
Toc…toc…toc…
Erano i passi, sull’asfalto, ad ogni passo batteva il piede più forte, voleva che il sangue scorresse e scaldasse, aveva freddo, era stanca, ma avrebbe dovuto camminare sotto la pioggia ancora e ancora.
Non le pesava farlo: camminare.
Le pesava il resto.
Sentiva la gola pungere, la punta delle dita dei piedi gelida, le orecchie al caldo, l’acqua colare gentile sull’ombrello.
Era viva, nonostante il resto.
Lo sapeva, era viva, libera di pensare.
I pensieri nella mente erano protetti; al caldo.
La sua anima, un poco ferita, era tra loro, i pensieri la curavano, la proteggevano.
Il suo corpo era solo materia: in vendita.
Il corpo era in vendita.
La sua anima no, la teneva al caldo dentro di sé, al riparo, affiorava solo quando passeggiava, per il resto del tempo era sopita.
Quando un’auto si ferma lei contratta il prezzo e poi sale.
Fa il suo lavoro: la puttana.
Fa la puttana, obbligata, non può scappare, gliel’hanno imposto, duramente.
Gliel’hanno insegnato.
Per salvarsi ha rinchiuso l’anima assieme ai pensieri, il corpo l’ha fatto tacere, il dolore l’ha messo da parte.
Ha mal di gola, la fatica nel deglutire la fa sentire ancora proprietaria del corpo, di se stessa.
I clienti possono affittare, toccare e schiacciare il suo corpo.
I clienti possono affittarlo, ma lei ne è ancora la proprietaria.
Quando passeggia si riappropria di sé, passeggia ed è solo una donna.
Se la vedrete passeggiare sulle vostre strade ricordate: prima di essere una prostituta lei è una donna, un essere umano fatto di carne e pensieri.
Lei ha smesso di porsi domande: fa quel che deve.
Le domande dobbiamo porle noi: può una società “democratica”, evoluta, istruita, permettere ancora e “accettare” come consuetudine normale questo tipo di sfruttamento?
Può questa società parlare di “diritti del cittadino” senza provare, verso questa condizione, una sana vergogna?
Io non ho le risposte, io sono solo una donna che ha avuto più fortuna di lei.
Quando la incontro per la strada mi fissa negli occhi, sono io che la sento: la vergona, lei no; lei fa quel che deve.
Sono io che abbasso lo sguardo.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Modena City Ramblers – Ebano: