Tempo stimato di lettura: 2 minuti e mezzo.
***
Pugni stretti.
Lacrime.
Piedi che battono.
Pugni stretti che oscillano su e giù.
Lacrime di coccodrillo.
Piedi che battono a terra per fare più rumore.
È un capriccio e lei, beh, “lei è una bimba capricciosa” avrebbe pensato l’ignaro passante impegnato ad attraversare la piazza.
Questi; i suoni che giungevano da una piccola casa all’angolo destro della piazzetta del paese.
Suoni molesti; fastidiosi.
Suoni che stridono con la quiete di un sabato pomeriggio d’autunno.
A sentirlo da lontano, di sfuggita, l’atteggiamento era proprio quello, il fastidioso piagnisteo di un capriccio.
I capricci: quelli che fanno tutti i bambini, arrivano all’improvviso, scuotono tutto e poi, quando il fiato inizia a mancare, quando proprio le forze diminuiscono, scemano in singhiozzi rumorosi che, solo alla fine, si fanno muto lamento.
Quanto tempo sprecato per un insulso capriccio.
Eh no, non pensarlo, è sbagliato.
I capricci sono importanti: fondamentali.
Dopo ogni capriccio si cresce.
Questo stava facendo quella bimba: cresceva, con i suoi tempi, piagnisteo dopo piagnisteo.
I capricci aiutano a comprendere e misurare i propri limiti: ciò che si ha, si può avere, si vorrebbe e proprio mai si otterrà.
I capricci tendono i nervi dei genitori, ma disegnano i confini del carattere dei bambini.
Non urlare ad un bimbo di fare silenzio, non soffocare il suo battere i piedi.
Non trasformare prima del tempo quel pianto in muto lamento.
Lascia che i piccoli uomini possano farlo, piangere, urlare e sbraitare quanto gli pare, solo perché gli va, solo perché per loro è giunto il momento di farlo: stringere i pugni e battere i piedi.
Perché l’istinto ci suggerisce di bloccare sul nascere ogni capriccio?
Perché sono fastidiosi?
No: è l’invidia.
Oh già.
L’invidia che provano i “grandi”, gli adulti, verso i bambini che possono concedersi il lusso di strillare quando le cose non sono come vorrebbero oppure solo perché gli va.
Ammettiamolo, qualche volta la voglia è forte: battere i piedi e gridare sperando che ciò che vogliamo venga concesso, oppure farlo solo per fare rumore, così, tanto per occupare il tempo; invece i capricci sono solo per i bambini.
Perciò cerchiamo di esserlo, coscienziosi, cerchiamo di concedere ad ogni bambino il suo capriccio, perché dopo, una volta cresciuti, non sono più concessi.
Che peccato però…
Ogni tanto mi verrebbe proprio da farlo: stringere i pugni, lacrime di coccodrillo, battere i piedi per fare più rumore e ottenere ciò che voglio.
Ora l’ho capito.
Ho capito perché Peter Pan proprio non ne aveva intenzione, proprio non voleva farlo: crescere.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Toquinho – Acquarello:
Riparto, da qui, dal capriccio dei bambini, cosa che hai descritto molto bene, dici bene che con il capriccio il bimbo misura fin dove si può spingere nell’ottenimento delle cose desiderate, volute; prende la misura dei confini su cui muoversi, cercando di ampliarli, di averla vinta se non dico sempre, ci riesce molto spesso.
Il capriccio è una misura della loro forza, e devo dire che questi hanno forza “a resistere” più di quanto possano avere i genitori a starli dietro, si impara a crescere con i capricci.
Noto sul finale del racconto che associ il capriccio solo alla prima fase della vita, poi si cresce e il capriccio diventa qualcosa che non ci appartiene più, gli adulti non si possono permettere di manifestare un sonoro capriccio, non è più cosa per grandi, anche se a pensarci: stringere i pugni, sbattere i piedi a terra, e anche quelle lacrime false, tutto questo è riscontrabile anche negli adulti, ma non è la stessa cosa, come dire anche gli adulti piangono, ma non è per le stesse motivazioni dei piccoli.
Credo che il capriccio non ci abbandona mai, lo troviamo come lo immaginiamo nei piccoli, poi evolve, assume forme diverse, e verso la fine della vita il capriccio riprende forme simili a quelli dei piccoli, non a caso si dice che da vecchi si ritorna un pò bambini.
Proprio quando le forze vengono meno e si ha la netta percezione degli ultimi passi della propria vita, l’anziano si attacca a tutto, alle proprie cose, alle proprie abitudini: tipo un cappotto che ormai di battaglie ne a fatte, ostinarsi a volerlo indossare, e tanto altro, come riempirsi di cose che non servono più.
Non ammette cambiamenti, e reagisce finché ha forza con “capriccio” al fine che tutto rimanga com’è.
E quando la forza è spenta, si lascia trasportare come foglie dal vento: “vedrai che qui ti troverai bene, ci sono i dottori, avrai modo di prendere le medicine nelle ore giuste, non sarai mai lasciato solo”.
Solo alla fine pure il capriccio ci abbandona.
Voglio soffermarmi sulle forme che il capriccio può assumere quando siamo grandi, sì perché credo che lo troviamo anche in questa fase della vita.
Penso a due tipi: capriccio inteso come sfizio, un secondo non per tutti ma lo ritroviamo in molti, ed è quello “più fetente”, quello inteso come voglia di dare fastidio a qualcuno senza un motivo preciso, solo ad esempio per la mancanza di simpatia verso il malcapitato.
In entrambi i casi ci troviamo molto lontano dai capricci dei bambini, ma comunque molto fastidiosi, sopratutto per la seconda forma, quella più “scostumata”.
È vero, si possono fare le cose non per necessità, ma solo per capriccio, per esibizionismo, per ostentazione, dicono che questo sia un vizio delle donne, in tutte le sue manifestazioni, credo anche degli uomini, ci vorrebbe molto più di buon senso per essere meno capricciosi in questo senso.
La forma di cattiva educazione è la seconda, quando ci si impegna a dare fastidio al prossimo senza un vero perché, solo per il piacere di farlo, anche qui le manifestazioni sono diverse, svariate, e profondamente inaccettabili.
Mi verrebbe di dire “di ignoranza” di questa categoria di persona.
Sicuramente hai ragione, il capriccio dei bambini è quello più sano perché aiuta a crescere bene, per diventare si spera degli adulti responsabili.
A presto.