Questa è una storia, un ricordo, un’invenzione, una testimonianza:
Aveva mille voci dentro ed altre ancora ne sarebbero arrivate, raccontava le storie degli altri e gli altri, ascoltando, cercavano di cogliere la sua, di storia.
Non la raccontava mai, non le interessava farsi conoscere, voleva solo raccontare, stregare, affascinare con la sua voce, vedere gli occhi illuminarsi al primo colpo di scena, vederli bagnati di lacrime sincere al tocco di una storia d’amore.
Su quella nave, piena di sogni per il futuro, la prospettiva della salvezza sembrava un miraggio, così, aveva iniziato a raccontare.
Raccontava della gallina che era attratta da qualsiasi oggetto di colore blu.
Cercava il blu per tutto il suo giardino, fiori blu, bottoni blu, fili blu, li raccoglieva e nascondeva, nessuno sapeva dove, ma gli abitanti del paese avevano iniziato a lanciare nel suo giardino ciò che di blu trovavano, era un portafortuna: “lancia qualcosa di blu alla gallina e la fortuna sarà con te” .
I bambini avevano smesso di piangere, la loro attenzione non guardava più la paura, la sentivano lontana, ora era rivolta alla sua voce, alla storia della gallina, il portafortuna di quel paesino.
Lei lo sapeva, aveva iniziato a raccontare apposta, le storie sono una distrazione dal reale, dalla vita, ma possono anche curarla, la vita.
Raccontando della gallina attratta dal blu, della fortuna che le cose blu da lei sotterrate portavano agli abitanti di quel lontano paese, avrebbe regalato loro la convinzione di essere guidati dalla fortuna, quel mare blu, non poteva non essere colmo di fortuna, il mare sarebbe stato associato al suo racconto, ecco perché aveva iniziato a parlare.
Era là, persa nel blu delle onde anche lei, ma sapeva che le parole aiutano, scaldano il cuore e lasciano il segno.
Il segno che quel giorno voleva lasciare era la speranza, quei bambini, quei ragazzi, quelle donne e uomini, dovevano sperare.
Erano coinvolti in qualcosa più grande di loro, erano piccoli esseri viventi in cerca di una possibilità, la possibilità più importante, ritrovare il diritto alla vita.
Erano poveri, terribilmente poveri e si sa, i poveri hanno pochi diritti, i più poveri si accalcano sulle strade e in una notte d’inverno perdono anche l’ultimo diritto, la vita.
Erano poveri e quello era l’ultimo tentativo, l’ultima possibilità che avevano deciso di darsi, quel Paese verso cui stavano navigando era il Paese del sogno, dei diritti, della loro speranza.
Tutto era ancora da scrivere, non lo sapevano, quei bambini non lo sapevano, un giorno, lei li avrebbe raccolti dalla memoria e raccontati ad altri, così che non venissero dimenticati, così che il loro viaggio potesse regalare speranza ad altri, come fece il blu del mare, il blu della gallina.
Era il 1907.
Erano appena arrivati a Ellis Island, l’isola delle lacrime.
Non sapevano bene cosa gli sarebbe accaduto, sapevano che c’era un controllo medico, ispezione corporale, un segno di gesso e il destino era deciso, scritto, come le lettere che ad ogni migrante erano scritte col gesso sulla schiena, se non eri sano, abbastanza giovane, eri respinto, le porte dell’accoglienza si sarebbero chiuse.
Speravano di essere tutti accettati, tutti sani, tutti accolti.
Così i bambini andarono innanzi ai dottori con ciò che di blu, sulla nave, avevano trovato, a loro portò fortuna.
La voce si sparse, di Paese in Paese.
Forse fu allora che nacque quella convinzione, il mare, salire su una barca, una nave, un barcone, porterà fortuna, porterà ad una vita migliore.
Ma è davvero così?
Lei, diventò americana, vissé, amò, invecchiò e divenne nonna.
Era la nonna della donna che oggi continua a raccontare questa storia, racconta avventure di tempi lontani, racconta un’Italia che lei non ha mai vissuto, lei è nata in America, racconta storie ai nipotini, storie che ad altri bambini salvarono il cuore.
Nel suo intimo si domanda, seduta al sicuro nella sua casa, se ancora vi sia qualche giovane che racconti questa storia, la storia della gallina che amava il blu.
Si corica, stringe un anello usurato con una pietra blu, l’anello di sua nonna, l’anello che aveva ispirato quella storia, l’anello della speranza, l’anello che la convinse di poter trovare nel blu del mare la fortuna, lei l’aveva trovata.
Altri no, ma ognuno ha la sua storia.
Chiude gli occhi, il cuore trema, lei è americana grazie al viaggio di sua nonna, lei non ha mai conosciuto la paura di quel viaggio, lei è cresciuta lontano dalla povertà, altri no, ci vivono ancora dentro, altri cercano ancora nel blu del mare la loro fortuna.
Epoche diverse, destini ripetuti.
Gigliola Cinquetti – Mamma mia dammi cento lire:
Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi ha proposto un brano da ascoltare dopo la lettura.
N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.
Buon proseguimento, al prossimo venerdì per un nuovo giro di giostra, grazie per aver letto!
Adesso che ho riletto questo racconto prima di risponderti sono rimasto affascinato, già fui colpito la prima volta che lo lessi.
Un racconto bellissimo, questo é quello che mi piace della giostraia, questo saper raccontare, che ti prende e rimani conquistato, come le tante storie della nonna che raccontava e ognuno si ritrovava in una delle storie raccontate.
Pezzo molto profondo.
Un sodalizio tra fiabesco e dura realtà che purtroppo si ripete ancora oggi.
“La gallina che amava tutte le cose blu”, una tua fantasia creativa che apprezzo molto e quell’intreccio che sei riuscita a costruire col tuo racconto, abilissima, e non è solo una questione del solo saper scrivere, è tutto il resto, quel che ti rimane una volta letto.
Frasi molto belle, un saper raccontare che lascia le tracce.
Ti ho fatto via twitter quella domanda.
La risposta è che mi hai davvero stupito del tuo racconto, e adesso che mi hai detto che è tutto frutto della tua creatività non ho parole di come sei capace, letteralmente resto senza parole, non sai che dire o non sai come dirlo, e il racconto ti segna, ti ha conquistato per sempre.
Che dire la giostraia assomiglia alla nonna del racconto che racconta tante storie con i suoi racconti, credo che non solo i piccoli ma anche i grandi hanno bisogno di ascoltare le storie, di viverle durante l’ascolto e farle proprie come facevi tu con la tua nonna.
La nonna, la porti sempre dentro di te, non ti abbandona mai, e la fai rivivere anche a chi non avuto modo di conoscerla. “Al perché, poi te lo dico” penso di averti risposto, fai bene a riproporlo spesso, e penso perché piace pure a te, questo racconto ha conquistato pure te, credo anche che esprime molto bene il tuo modo di scrivere, delinea quella strada che vuoi percorrere come scrittrice.
Allora aspetto il tuo primo romanzo.
Un abbraccio sincero e profonda stima alla tua persona.
Buona sera Caro Michele,
Grazie per aver riletto questo racconto e ancora di più grazie per avermi fatto notare ciò a cui io non avevo mai pensato: effettivamente lo ripropongo spesso.
Riesci sempre a sorprendermi, hai uno spirito di osservazione che mi affascina, cogli sempre un pizzico in più, vai sempre “oltre” la superficie delle cose e prima di commentare un giro ci rifletto sopra, non hai mai “fretta di dire la tua opinione”, prima pensi, cerchi di comprende la mia e poi, solo dopo, ti prendi il tempo per esporre la tua.
Non posso che scrivere di nuovo “grazie”, leggere queste tue parole mi ha fatta commuovere, perché rendi “vero” ciò che provo a fare con i miei giri: lasciare qualcosa.
Non ho mai scritto “storie fine a se stesse” e leggere che ancora, dopo quasi due anni di giostra, sto riuscendo in questo intento mi regala tanta felicità.
Questa è una piccola giostra, ma per me è tanto.
Sto condividendo me stessa.
Poi mi commuovo ancora di più perché mi fai sentire accanto la mia nonna, capisco sempre di più di essere il frutto dei suoi insegnamenti, delle storie che mi narrava da bambina.
Wow, chissà se arriverà mai questo romanzo, sarebbe una favola che si realizza.
Grazie di cuore per tutto questo affetto, non so come riuscire a ricambiarlo.
Buona serata, un grande abbraccio.
La giostraia.
Valentina