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Lo ripeteva spesso: “Ogni cosa ha il suo tempo”.
C’è un tempo per ogni cosa e lei l’aveva visto, vissuto, avuto: quel tempo.
Aveva imparato, con gli anni, che non si deve “avere fretta”, perché è proprio come dicono: la fretta è cattiva consigliera; lo è sempre.
Mai avere fretta di crescere, mai avere fretta di vivere.
Lei lo sapeva.
C’è un tempo per ogni cosa.
Un tempo per vincere, gioire.
Un tempo per piangere.
Un tempo per perdere e rialzarsi.
Un tempo per farsi valere, per “averla vinta”, per la rivincita.
Un tempo per stare zitti e, solo all’apparenza, chinare il capo.
Eh sì, lei lo sapeva bene, c’è anche quel tempo: il tempo per chinare il capo.
Non si deve avere fretta di alzarlo, quel capo, meglio avere la lungimiranza di tenerlo basso quanto serve, finché “arriverà il tempo di alzarlo”.
Con queste parole cercava di far capire a suo nipote che l’irruenza degli inesperti non è sempre la scelta migliore.
Con queste parole voleva che lui capisse che “chinare il capo” può non essere sempre sinonimo di resa.
Chinare il capo a volte salva.
Lei l’aveva fatto, chinato, quel giorno in cui le avevano puntato il dito contro e detto “non sei abbastanza, non sei all’altezza”, aveva stretto i denti, chinato il capo e respirato.
Suo nipote si sbagliava, non era aria di vergogna quella, ero solo l’attesa.
“Respira l’attesa”.
Questo era il suo consiglio.
“Respira l’attesa e dai corda a chi ti opprime senza giudizio”.
Respira l’attesa e guadagnatela: quell’altezza.
Tieni il capo chinato mentre cresci, mentre “guadagni altezza”.
Gli altri non lo devono sapere, tu impara, cresci: fatti forte.
Solo quando lo sarai, pronto, lo alzerai quel capo e loro non potranno fare niente, saranno troppo in basso oramai, troppo deboli per te.
C’è un tempo per ogni cosa, dai corda all’oppressore, quando ne avrà troppa, con quella corda, si impiccherà da solo.
Che immagine forte, cruda: vera.
Lei così aveva fatto, così aveva vissuto.
Ora non lo chinava più, ora lo teneva ben alto, camminava a testa alta; 99 anni di vita per poter non chinare più il capo.
C’è un tempo per ogni cosa, anche per morire, lei lo sapeva, oggi l’attendeva: quel tempo.
No; vi sbagliate, non era stufa della vita, non si era arresa, ne aveva solo colto il senso:
“Omnia tempus habent”.
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A te, “nonna Elda”, bisnonna dalla saggezza antica e dall’animo moderno, te che non volevi festeggiare quei 100, troppo pesanti, così te ne sei andata giusto un mese prima di compierli.
Dopo tutto, lo sapevi anche tu:
“Omnia tempus habent”.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Franco Battiato – Quand’ero giovane:
Ciao giostraio!
mi dispiace molto per la signora tua nonna.
ma per chi resta è sempre più
difficile.
vedo che nessun c’aveva commentato, detto niente, forse non ci sono delle parole per smorzare il dolore, forse hanno avuto la paura di non trovare le parole giuste, che anche non esistono.
La tua nonna Elda non si è morta, ma appena nata alla vita eterna, in un mondo veritiero, dove non esiste la
parola la sofferenza
Ciao Alexandre,
Grazie di cuore per il tuo commento.
Per le tue parole e per l’affetto, grazie!!
Ti auguro una serena domenica, al prossimo giro 🙂
Il giostraio.
Questo non è un giro di giostra come gli altri, alcuni sono speciali.
Questo è uno speciale, lo definirei più una pagina del tuo diario, che non sbiadisce col passare del tempo, o volato via dal soffio del vento.
Si, qui è tutto ben saldo, ben custodito in te, è parte integrante della tua persona, la tua storia che vive e rivive in te nel ricordo di chi ha plasmato il nostro essere.
Conoscendoti, il pensiero mi riporta al racconto che hai scritto in occasione della tua laurea, dove si parla della tua rivincita, della tua riuscita, della tua vittoria.
“Ogni cosa ha il suo tempo”.
Citazione che hai riportato nella tua tesi, e qualcuno, il relatore, non capiva il suo senso: il perché di questa frase scritta in latino nella tua tesi.
Il senso?
Tu, giostraia, sapevi il suo senso, faceva parte di te, della tua storia, del tuo vissuto.
In questa “pagina del tuo diario” chi come me si è trovato a leggerla, ha modo di apprezzare “pienamente” e “in modo profondo” il senso di questa citazione latina.
Mi hai fatto conoscere la tua bisnonna, hai dato testimonianza del suo vissuto, del suo modo di vedere le cose, di come affrontare la vita; chi più di lei può darci una buona lezione di vita, lei che ha vissuto un secolo di vita.
C’è un tempo per tutto, non avere fretta, non accelerare, dare il giusto tempo alle cose di arrivare a compimento.
Che bella lezione!
Ma poi leggendo, rimango colpito, dal discorso del capo chino che faceva la tua nonna Elda, ancora più sotto, una frase, qui mi trovo ad essere quasi folgorato; pazzesco, una affermazione forte, profondamente vera.
” Ogni cosa ha il sui tempo, dai corda all’oppressore, e quando ne avrà troppa, con quella stessa corda si impiccherà da solo”.
Qua, le lezioni di vita aumentano!
Sono convinto che tutto l’insegnamento che la tua nonna ha potuto darti, lo hai fatto proprio, messo in pratica, e lo metterai in pratica sempre.
Mentre ti scrivo, penso a quanto raccontato in questa tua pagina, e il concetto dell’attesa, mi affascina, come del resto tutto il discorso “del crescere dentro, per diventare forte”.
C’è qualcosa che và oltre il vincere perché divento più forte di te.
Non è questo.
Il discorso è molto più profondo.
Che poi condivido, perché è lo stesso che mi sono sempre fatto.
Imparare a crescere, farsi forte, ma a “Capo Chino”, perché gli altri non lo devono sapere; guadagnare la tua altezza, bisogna aspettare, ma poi arriva e gli altri non possono farci più niente.
Ecco la profondità del messaggio, insegnamento della tua bisnonna, il senso di questa scritta latina.
Lottare, non una lotta a pugni, sfidare, non una sfida con le armi, crescere dentro, solo così si vince, senza fretta, quella è cattiva consigliera, aspettare che arrivi il proprio tempo; perché ogni cosa ha il suo tempo.
Grazie di questa tua pagina.
Buongiorno Caro Michele,
L’hai detto anche tu “questo è un giro di giostra speciale” e, in quanto tale, anche la risposta a questo tuo commento meritava il “giusto tempo”, non 15 minuti di pausa “rubati” alla corsa quotidiana, così, nonostante l’avessi già riletto due volte prima di oggi, non avevo avuto quel “giusto tempo” da dedicargli.
Esatto, questo giro di giostra mi mostra un po’ di più, mi espone, perché è davvero come dici “una pagina di diario” in cui racconto parte del mio intimo.
Ricordi?
Quando ti raccontai di questa citazione scritta sulla tesi ti dissi anche che prima o poi l’avrei “spiegata” e come dice la stessa frase, è arrivato il tempo anche per spiegarla, per raccontarla “a modo mio”, in un bel giro di giostra!
Mia nonna Elda aveva questo pensiero, anche se ammetto che non mi abbia citato mai questa locuzione latina che trae origine dalla Bibbia, diciamo che sono stata io a ricondurla lì, tutto il pensiero e il vissuto della mia bisnonna ho ritenuto poterlo riassumere con questa breve, ma non semplice ne scontata locuzione.
Esatto hai colto bene, la mia bisnonna non era per “l’ostentazione della propria forza”, ma piuttosto per una crescita silenziosa perché è proprio così: quando alla fine si diventa “forti” davvero, quando quella altezza la si è guadagnata, non serve altro, non c’è nulla da dover “dimostrare”, basterà alzare il capo e gli altri saranno smarriti perché si troveranno troppo in basso.
Questo giro di giostra narra tanto, forse troppo di me, del mio modo di vivere e pensare.
Un caro saluto ed un abbraccio, a te che anche se le risposte tardano ad arrivare non lasci mai questa giostra e non scordi il “nostro appuntamento”.
Ancora un abbraccio.
La giostraia, Valentina.
Ciao, ritorno un attimo su questo giro, per una piccola aggiunta, prima di imbattermi su altri giri!
Sai, come lo stavo leggendo, l’ho trovato subito mio, come se mi appartenesse, strano, visto che è una pagina del tuo diario; o forse non è strano affatto.
La cosa che mi ha colpito è stato l’aspetto del “capo chino”.
Io sono del parere che bisogna essere sempre fieri di se stessi, quindi “andare a testa alta” sempre e comunque; mai avere un comportamento arrogante, e mai fare lo zerbino di qualcuno.
Ora, capisci, il chinare il capo si scontra con ” a testa alta”.
Fino a quando siamo disposti a tenerlo chinato il capo?
E se siamo capaci di farlo.
Non è semplice riuscirci.
Allora, qui trovo tutta la saggezza di questa nonna: mica chinare il capo significa essere schiavi a vita, darla vinta agli altri, rinunciare a se stessi; é un chinare apparente, farlo credere agli altri, intanto iniziare a respirare la propria salvezza.
Tutto questo discorso che condivido mi riporta alla teoria “servo-padrone” di Hegel.
Il servo, senza la lotta esterna, con il suo chinare il capo, diventa padrone; mentre il padrone cullandosi, si lascia andare, decade e si ritrova a fare il servo del servo.
Il chinare il capo, facendo leva sulle proprie forze, rappresenta l’unico modo e con l’attesa giusta a riscattarsi; loro non lo percepiscono, i padroni sono destinati a decadere.
“Solo quando sarai pronto, alzerai quel capo, e loro non potranno fare più niente, oramai troppo in basso saranno, troppo deboli per te”.
Credo anche che non sempre uno riesca a riscattarsi nel corso della propria vita, e allora i sacrifici svaniscono, finiscono nel nulla?
No.
I sacrifici di un genitore si traducono nel riscatto dei propri figli, e se bisogna ancora attendere, nel riscatto dei propri nipoti; alla fine l’attesa sarà ripagata.
Quindi noi figli non dobbiamo mai far svanire nel nulla i sacrifici dei nostri genitori, dei nostri nonni: questi sacrifici rappresentano la nostra forza, solo così possiamo essere vincenti.
È tutto, per questo giro.
No, per questa pagina della tua storia passata e presente.
Sì, perché continua con le aggiunte del tuo presente, del tuo impegno che si somma a quello dei tuoi cari.
Ciao Valentina.
Rieccomi Michele,
Prima ho risposto al tuo primo commento, ora integro la risposta qui.
Si percepiva già nel primo commento che l’aspetto del “capo chino” ti si fosse un poco “soffermato” dentro.
Eh sì, direi proprio di sì, sono due comportamenti opposti, mi è piaciuta la tua espressione “respirare la propria salvezza”, perché è proprio così, chi china il capo non significa che sia debole, è un chinare il capo “costruttivo”, perchè alzandolo troppo presto si peccherebbe di arroganza.
Che bello, vedi perchè apprezzo il nostro appuntamento?
Mi conduci a “rispolverare” la filosofia studiata a scuola, a rivedere interpretazioni del quotidiano che negli anni hanno trovato dimora in me senza che me ne accorgessi, sei un uomo di cultura, te l’ho mai detto? è questo che apprezzo di te, hai la cultura della terra che ti scorre nelle vene, quindi la cultura concreta del “fare”, ma non dimentichi quella astratta del “pensare”, insomma: sei oltre!
Esatto, alcuni forse saranno più sfortunati, non potranno vederlo quel riscatto, ma ogni loro azione è stata un passo verso il risultato che i posteri raggiungeranno, siamo tutti collegati del resto.
L’ultima domanda che pongo ad entrambi: quando arriverà il momento di alzarlo questo capo?
Per me non è ancora giunto e non so se arriverà…e per te?
Secondo me è già arrivato, correggimi se sbaglio.
Ancora buona domenica, ti saluto con l’affetto che si riserva ad un amico.
La giostraia, Valentina.