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Le avevano posto una domanda, semplice, chiara, breve: “Cosa vuoi fare da grande?”
Lei ci aveva pensato ed era stata zitta, non aveva risposto.
“Pensa a cosa ti piace, dai, non ti vergognare della risposta”.
Lei non si vergognava di nulla, stava semplicemente pensando.
“Non lo sai? Allora sai cosa ti diciamo? Tu potrai essere tutto ciò che vorrai, dovrai solo crederci, impegnarti, sei giovane, hai il mondo ai tuoi piedi”.
Li guardò.
Inclinò il volto e li fissò con aria dubbiosa.
Aveva tredicianni, loro erano i professori delle medie, nell’aula magna della scuola c’erano tutte le classi, assieme; a tutti era stata posta quella domanda, avevano risposto uno dietro l’altro: pompiere, veterinario, banchiere, ballerina, attore, attrice, poliziotto, pittrice, contadino, ingegnere, avvocato, parrucchiere…la lista era lunga, varia, fantasiosa.
Poi era giunto: il suo turno.
Voleva rispondere, avrebbe potuto mentire, inventarsi qualcosa, dire che avrebbe voluto fare l’avvocato per aiutare le persone a difendere i propri diritti, per cercare ed ottenerla: la giustizia.
Proprio non le andava di mentire, per questo era stata zitta e aveva iniziato a farlo: guardarli.
Loro non se l’aspettavano, tutti gli altri avevano risposto, rapidi, ognuno con un mestiere, ognuno con il suo perché, alcuni con occhi sognanti, altri indifferenti, ma l’avevano fatto: risposto.
Lei no, lei li stava mettendo in difficoltà.
Il silenzio iniziò a diventare pesante, tutti la stavano guardando, chi curioso, chi annoiato.
Una voce leggera iniziò ad occupare il vuoto che il silenzio aveva lasciato.
Le parole pronunciate da quella voce, giovane, bambina, erano affilate, lame sottili, tanto sottili da insinuartisi dentro, senza che te ne accorga, senza che tu capisca che il taglio ormai è fatto e stai sanguinando, ah se stai sanguinando.
“Perché mentite? Perché dite che basta crederle le cose? Perché non ponete limiti alle nostre aspirazioni? Non intendo limiti opprimenti, ma limiti saggi, limiti che ci mostrino la realtà, credete di proteggerci? Credete che raccontandoci un mondo migliore lo diventi davvero? No, saremo solo impreparati e deboli, perché crederemo davvero che il mondo sarà ai nostri piedi, senza limiti, invece è pieno di limiti, di confini, io non so cosa vorrò fare da grande, ma so cosa avrei voluto fare l’anno
scorso”.
Ormai aveva iniziato, non si sarebbe fermata, avrebbe detto tutto, era un anno che se lo teneva dentro, al prete aveva sorriso e detto sì con un cenno del capo, per fargli capire che sì, aveva capito.
Aveva capito che i grandi mentivano e che la vita era piena di limiti, limiti che possono essere scalati, limiti che non si supereranno mai, aveva capito che la vita non era gentile.
Aveva sofferto, ma la colpa non era sua, era degli altri, gli adulti, che le avevano raccontato un mondo fatto solo di fantasia, il problema è che lei si era fidata e ci aveva creduto, che fosse reale.
Credeva in un mondo libero, gentile, ma si era scontrata presto con la realtà.
Cosa aveva originato tanta frustrazione, disillusione?
La diocesi un anno prima aveva organizzato un incontro di due giorni a cui avrebbero partecipato i chierichetti di ogni parrocchia, uno per parrocchia.
Lei era stata scelta, il parroco, forse peccando di ingenuità, le aveva detto con un sorriso che sarebbe stata lei a rappresentarli, lei con il cuore straripante orgoglio e gioia aveva sorriso.
Dopo una settimana il parroco dovette tornare sui suoi passi, lei non sarebbe andata, ad occuparsi dei chierichetti sarebbero stati tutti preti, non ci sarebbero state suore e una bambina non poteva dormire con i bambini, questo era il problema, lei sarebbe stata l’unica bambina, tutti gli altri erano maschi, quindi proprio non avrebbe potuto andarci, non era colpa sua, ma solo un problema di organizzazione.
Lei però aveva capito, era stata discriminata perché femmina, le era stata tolta questa opportunità perché solitamente i chierichetti erano maschi, era stata lei a sbagliare, a credere di poter “fare tutto”.
Quando ebbe finito di parlare, aveva dato una grande lezione a tutti, bambini ed adulti:
Se si vuole cambiare il mondo, migliorarlo, deve essere mostrato alle nuove generazioni proprio così, com’è, in modo che esse possano prepararsi, confrontarsi con i suoi limiti e acquisire le capacità e la forza necessarie per cambiarlo davvero; fingendo che il mondo sia migliore di quello che è, si creano solo generazioni ingenue e incapaci di viverci dentro.
Questo devono fare genitori ed insegnanti, mostrare la realtà, guidare e formare esseri umani davvero migliori, non ingenui, ma preparati alla vita.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Edoardo Bennato – Quando sarai grande: