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Foto.
Foto ingiallite.
Foto ingiallite; rigide pose.
Nomi; dimenticati.
Persone.
Erano persone di un tempo passato, ingiallito, scordato.
Stringo le loro pose costruite, rigide: in piedi appoggiati ad una colonna di legno, seduti con il gomito appoggiato ad un tavolino; sopra al tavolino una pianta.
La stessa pianta.
Vedo nelle foto la stessa pianta, mi accorgo che c’è anche lo stesso tavolino; è la persona ad essere diversa.
Anni antichi, passati; dimenticati.
Anni in cui le foto non erano “all’ordine del giorno”, anni in cui per una foto ci si doveva fare il bagno, curare la piega dei capelli, vestirsi bene, come ci si vestiva la domenica, come in un giorno di festa.
La grande macchina fotografica davanti, il fotografo che sembrava un mago, era lui a farla: la magia.
Alla fine c’era la foto, la si teneva stretta fra le mani, molto stretta, ma con delicatezza, ci si osservava dentro sperando di essere “venuti bene”, di essere belli.
Le foto erano poche, a volte se ne contavano dieci scattate in un’intera vita.
Quelle dieci foto, chissà dove sono ora, chissà cosa potrebbero raccontare.
Le cercherò, ne ho già trovate molte, ma non sono abbastanza, ho ancora tante scatole da aprire.
Tante anime da incontrare attraverso il giallo di una foto.
I nomi, mi mancano i nomi, come se un nome possa “fare la persona”, non so chi sia raffigurato in quelle foto, non lo conosco, nessuno me ne ha mai parlato, nessuno ne ha più memoria, ma ciò che mi ferisce di più e non saperne il nome.
Passa il tempo e le vite degli uomini si sbiadiscono, restano le foto, ma mancano i nomi.
Restano immagini di una vita, immagini di un’esistenza, ma se ne perde l’essenza.
Così mi aggrappo alla vita, la tengo stretta e penso: devo scattarmi una foto e scriverci sopra il mio nome, così non sarò dimenticato.
Così non sarò soltanto un uomo, così sarò anche nome.
Chissà perché per l’essere umano il nome è così importante, fondamentale.
La firma, per l’essere umano è sempre stata “tutto”, per l’uomo moderno ora è digitale, per l’uomo antico era un graffito, una semplice riga, ma racchiudeva tutto: l’essenza dell’uomo.
Il suo più intimo desiderio: lasciare un segno.
Lasciare il segno del suo passaggio; la sua aspirazione.
La mia bramosia.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Dolcenera – Siamo tutti la’ fuori: