Il giostraio prende la parola:
Il racconto che segue è nato dopo il mio viaggio in Normandia, sulle orme della storia, del D-DAY, dello sbarco del 6 giugno 1944.
Buona lettura.
***
Erba schiacciata.
Terra e erba schiacciata.
Questo respira.
Nascosto, nel grano.
Il sole di giugno non è ancora caldo, è tiepido.
Le mani, piccole, giovani, scrutano la terra.
Strappa piccoli fili d’erba, alza una sottile zolla.
Inganna il tempo.
È lì, nascosto, non deve essere trovato.
Sente qualcosa di diverso sotto le dita, qualcosa che non è né terra né erba; è metallo.
Sposta la terra, lo pulisce, è marrone scuro, dorato, è la ruggine.
Brilla, illuminato dai raggi di giugno.
Prima era qualcosa di diverso, ora è il suo tesoro.
Lo strofina con la maglia, ora, è pulito.
Un urlo.
Deve correre, l’ha sentito, è vicino.
Deve scappare, deve correre verso il riparo.
Veloce.
Altrimenti lo prenderà.
Non deve farsi prendere, corre.
Il tesoro in tasca, i passi rapidi.
Suda, corre.
Altri passi, veloci, alle spalle.
Alza il braccio, tende la mano, c’è quasi, altri bambini lo incitano “corri, corri ti prende”.
Questa volta è fortunato, un passo e lo sfiora, il tronco.
La mano ora è sul tronco dell’albero scelto come rifugio, l’albero da cui prima il suo inseguitore aveva iniziato a contare: uno, due, tre, quattro…
<< Tana libera tutti >> .
Gli amici felici festeggiano, il primo che era stato trovato festeggia più forte, non toccherà a lui, non dovrà contare, si potrà nascondere ancora.
Era l’ultimo da trovare, si era nascosto bene, così è diventato il loro eroe, li ha liberati tutti e ora Pier, l’amico che lo stava inseguendo nel grano, dovrà di nuovo contare.
Il nascondino, è proprio un bel gioco.
Felice, non ha dimenticato il tesoro appena trovato, lo mostra agli amici, piccolo, arrugginito.
Non sa cosa sia, non ha mai visto nulla di simile.
Lui oggi é stato il liberatore, ha liberato i suoi amici al gioco del nascondino, quel piccolo oggetto era stato tra le mani di un altro liberatore, diverso.
Era una “criquet”, una ranocchia, no, non era un gioco, era un mezzo per salvarsi la vita.
Era appartenuta ad un paracadutista, se premuta faceva rumore, “clack”.
Il paracadutista quattro anni prima, sorvolando quel campo, prima del lancio, aveva avuto ordini precisi: nel buio, dopo il lancio, se si pensa di avere qualcuno vicino, premere la criquet, fare “clack”, poi ascoltare la risposta, due clack.
Ad un clack, si risponde con due clack.
Niente “clack, clack”?
L’ordine era chiaro: sparare.
Chissà se quel paracadutista lo aveva fatto, sparato.
Chissà se quel paracadutista, nel buio, nell’inospitale buio, l’aveva sentito, “clack clack” e aveva ritrovato un amico.
Lui non lo saprà mai, aveva quattro anni quando “tutto” accadde, lui era “figlio della guerra”, nato che la guerra già era iniziata, aveva pochi ricordi, ciò che ricordava bene, non avrebbe mai scordato, erano i giorni dopo lo sbarco, la case distrutte, le famiglie strappate alla vita.
La sua terra ancora piangeva, solo quattro anni erano passati, ma loro erano più forti, loro giocavano a nascondino.
No, non erano bambini ingenui, avevano capito quasi tutto, loro sapevano, avevano perso amici, fratelli, parenti; per loro volevano crescere, dimostrare al mondo che sì, sarebbero cresciuti, sì, avrebbero onorato la vita, sì, finché ci sarebbero stati bambini capaci ancora di giocare a nascondino e ridere fra le rovine di un campo bombardato, l’umanità non avrebbe perso, l’umanità avrebbe avuto speranza.
Giocavano a nascondino, ma stavano facendo molto di più.
La curavano, la rendevano di nuovo bella.
Cosa?
La vita.
Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
Forse non sarà perfetta per questo giro di giostra, ma dopo averlo scritto ho subito pensato a questa canzone, quindi ho deciso di metterla ugualmente, buon ascolto.
Lucio Battisti – Con il nastro rosa:
Dolcezza e tenerezza raccontate
come sempre con maestria!
Bravo caro giostraio, sempre una finestra
aperta sull’oggi che non si dimentica
di cio’ che e’ stato…la Storia di noi tutti!
Ti auguro uno splendido Weekend
e un abbraccio dal mio cuore sempre
⭐❤⭐Roby
Buongiorno cara Roberta,
cosa posso aggiungere? Grazie!
Dopo quel giro di giostra sulla Normandia ho voluto concludere il cerchio che avevo aperto con un racconto ricco di vita, una lezione per tutti.
I bambini sono l’ultima speranza dell’umanità, l’ultima scialuppa di salvataggio, loro non sanno cosa l’uomo abbia “combinato” in passato, spetta a noi non dimenticarlo, raccontarlo, ma lasciare ai bimbi la possibilità di giocare, di vivere, perchè solo così la vita vince.
Mi piace pensarla così 🙂
Grazie per l’augurio, lo è stato, ora sono io che ti auguro una dolce settimana fino al nuovo giro di giostra.
Un grande abbraccio.
Il giostraio.
Oggi mi hai anche insegnato una cosa che non sapevo il “clack, clack”! Bellissimo racconto con tanta verità dietro.
Al prossimo venerdì
ciao
Buongiorno Fede,
mi ha colpita la “criquet”, a scuola non me ne avevano mai parlato, pensa che la prima volta che la vidi in un museo la scambiai per un “ferro vecchio”, invece ha avuto un ruolo molto importante, con un “clack-clack” ci si poteva salvare la vita, incredibile.
Sono contenta che ti sia piaciuto questo racconto, come hai detto tu molto vero, poco inventato!
Al prossimo giro di giostra.
Il giostraio
Sapevo della ranocchia ma mai ne avevo sentito parlare in modo da renderne lo scopo così terribile da un lato e “poetico” dall’altro. Il fiato sospeso prima di sapere cosa aveva trovato quel bimbo…scoppierà? Noooo non può essere! Non c’è mai morbosità nei racconti del giostraio, ma sa dare consapevolezza di quella che è stata la realtà addolcendone gli effetti con la gioia del gioco. Ti ha proprio colpito l’ esperienza di viaggio in quei luoghi! È raro trovare motivo di vere emozioni oggi e tu ne sai dare a piene mani, grazie😘 Anche la canzone si sposa bene col racconto. Alla prossima😊🌞🐞🍀
Buongiorno Tina,
ho cancellato l’altro commento uguale:-)
La ranocchia prima del viaggio per me era sconosciuta, tant’è che, come ho scritto nel commento precedente, la prima volta che l’ho vista mi son chiesta cosa fosse e cosa c’entrasse con l’equipaggiamento di un paracadutista.
Scoprirne l’importanza mi ha lasciata senza parole, perché difficilmente si capisce cosa significasse essere lanciati nel buio, ma nel vero buio, quello nero, quello che spaventa, senza luci, senza GPS, soli, con solo una ranocchia tra le mani, un “clack-clack” per salvarsi la vita, mi ha colpita molto.
Grazie, è un grande complimento questo tuo commento, mi rende orgogliosa, fiera, come se attraverso questo racconto io abbia potuto davvero rendere omaggio alla storia, trasmetterla, così come l’ho assorbita in quei luoghi, quanto avrei ancora da raccontare…
Oh bene, sai temevo che la canzone fosse “fuori luogo”, ma dopo aver scritto l’ho canticchiata e allora dovevo metterla, son contenta che ti sia piaciuta come scelta.
Buona giornata, al prossimo giro di giostra.
Un grazie dal cuore per il tempo che continui a donarmi.
Il giostraio.
Complimenti come sempre…. semplicita’ e’ la parola che mi viene in mente a leggere questo brano… la semplicita’ con cui la vita si riprende i suoi spazi, i bambini ricominciano a giocare….la vita va avanti ed e’ cosi’ che succede e che deve succedere. Guai se la morte, la distruzione o la paura prendono il sopravvento…
Buona giornata
Buongiorno Angela,
ho sorriso leggendo il tuo commento, perchè riassume tutto il giro, la semplicità, perchè la vita dovrebbe esserlo, semplice, non dovrebbe sporcarsi con altri sentimenti, con odio o conflitto, così ho tentato di riportare il gioco in luoghi che anni addietro avevano conosciuto altro.
Credo fermamente che finché i bambini riusciranno a giocare, a riappropriarsi della vita, con semplicità, l’umanità abbia ancora speranza, ancora la possibilità di cambiare, di migliorarsi.
Ti auguro una buona giornata, un abbraccio e grazie.
Al prossimo giro di giostra.
Il giostraio.
“Giocavano a nascondino, ma stavano facendo molto di più, rendevano di nuovo bella la vita”.
Questa frase, a conclusione del racconto, la trovo molto bella.
Sappiamo tutti che un campo di grano serve a sfamare la vita.
Hai fatto con il tuo racconto molto di più, hai dato massima espressione alla vita tramite la descrizione campestre di un gruppo di bambini a rincorrersi e nascondersi in questo campo di grano non ancora maturo, ancora allo stato erboso, come questi bambini non ancora maturi di età ma con tanta voglia di crescere, di gioire, di vivere.
La vita é movimento, energia, correre e rincorrere, stare attenti, nascondersi e saltare fuori al momento giusto, questi ragazzini esprimono tutto questo, rendono di nuovo bella la vita, perché la esprimono al meglio.
Sì, quel campo di grano ha visto tanto, tutto, anche quello che non doveva succedere.
Quel campo di grano è stato anche un campo di guerra, su di esso si correva, ci si nascondeva, era un tempo diverso, buio, quando la vita era solo un respiro affannoso che bruscamente veniva interrotto, non era vita, forse la voglia di vivere c’era, ma pochi si son salvati.
Bella tutta questa descrizione che hai fatto, anche se mi ha tratto in inganno!!!
Raccontato come se tutto fosse ancora presente, reale senza la parola fine, invece era l’inizio nuovo, quando la vita si riprende tutto quello che le è stato tolto.
Come un grosso incendio che riduce tutto in cenere, percepisci la parola fine nel vedere questo scenario, vedi le ceneri sollevate dal vento.
Ben presto ti accorgi, che alla parola fine, questa è la grandezza della vita, segue il nuovo inizio.
Un temporale, le prime piogge e filini di erba iniziano a spuntare, un nuovo inizio prende forma.
Questi bambini che giocano con il loro entusiasmo rappresentano il nuovo inizio, la vita è più forte, ha sempre la vinta sulle ceneri.
Non si può, non si deve dimenticare il passato, in questo racconto il passato lo si osserva con gli occhi e la luce del presente facendo ritrovare al bambino un oggetto, un reperto, una testimonianza nel presente di questo passato che di vittime ne ha fatte tante.
Questa volta hai “giocato” con i contrasti luci-ombre, passato-presente, ma la luce, la vita, la gioia di vivere dall’inizio alla fine del racconto, giocavano a nascondino perché volevano rendere di nuovo bella la vita!!
Complimenti.
A presto.
Buon giorno Michele,
Da dove posso cominciare?
Sai che non ci avevo pensato al “parallelismo” tra i bambini e il campo di grano? mi è venuto spontaneo descrivere i loro giochi in un campo non ancora maturo, credo che questa scelta sia stata dettata dal subconscio, ora che tu me l’hai fatto notare, è proprio un bel parallelismo, una parafrasi del ciclo della nostra vita.
Eh sì, era proprio un nascondersi diverso, ti trasmette emozioni contrastanti passeggiare su quelle spiagge, se non avessi studiato la storia, quelle spiagge, quei campi, mi avrebbero trasmesso pace e serenità, invece sono intrisi di emozioni che “lottano tra loro”.
🙂 sono felice di essere riuscita ad ingannarti, significa che ho “tessuto bene le mie trame”, volevo un racconto in grado di stupire, di lasciare il segno.
Ho tentato, a modo mio, dato che gli anni che ci dividono da questo “passato” sono già tanti, di riportarlo al nostro presente e di legarlo a noi un po’ di più, temo questo presente, perchè coloro che hanno davvero vissuto questa guerra stanno invecchiando e se non legheremo la loro memoria a noi,le nuove generazioni non potranno avere i “giusti mezzi” per comprendere quanto di male si celi in una guerra.
Grazie, sono felice che tutto ciò che volevo trasmettere con questo giro di giostra ti sia “arrivato”.
Ti auguro una buona giornata, buon lavoro e al prossimo giro.
La giostraia.