Gambe d’acciaio, lucido vetro rosso, le mani con le dita intrecciate appoggiate sul tavolo della cucina.
Storce la bocca in una smorfia che ricorda quella della protagonista di “Vita da strega”, un vecchio telefilm che adorava da bambina, ma lei non è una strega, non ha poteri magici e di certo non può, con quella smorfia, mandare indietro il tempo.
È combattuta, continua a fissare il lucido vetro rosso su cui è appoggiata, è talmente tesa che la sedia a stento sente il suo peso, i muscoli sono tutti all’erta ed è impensabile abbandonarsi al suo morbido sostegno.
Tic, tac, tic, tac.
Rotondo, grosso, bordi neri, numeri rossi, l’orologio della cucina le ricorda lo scorrere del tempo, il tempo che lì seduta sta perdendo.
È tempo perso o tempo ben utilizzato?
Sciolte le mani, un dito disegna una linea premendo sull’opaco alone lasciato dal loro calore, pochi secondi e la linea scompare dal vetro.
Pensieri vuoti.
Cerca di concentrarsi, di rivivere attimo dopo attimo gli avvenimenti dell’ultima mezz’ora, di capire, ma si sa, non tutto è alla portata dell’umana comprensione, alcuni eventi accadono e basta, semplicemente avvengono e tutto ne diventa conseguenza.
Dalla scura nebbia dei pensieri affiora la domanda che, se si fosse fatta strada, se si fosse imposta prima fra le parole pronunciate, avrebbe cambiato tutto, invece come sempre è arrivata dopo, tardi.
Galleggia rimbalzando sulle pareti del rammarico, l’eco del rimbalzo aumenta, strilla, stride contro i cancelli delle sue convinzioni, il cancello è spezzato ed ora si fa strada il dubbio.
E se…
E se…
E se, dopo tutto, non avesse avuto ragione, ma torto?
Se tutto quello scorrere di parole, parole sottili ma che graffiano e tagliano come il bordo di un foglio, parole che si accartocciano subito dopo, ma il taglio ormai è fatto, brucia, se tutte quelle parole le avesse trattenute prima che si riversassero fuori saltellando sulle rosse labbra?
Quanto ha detto, quanto si è già pentita.
Tutto tace.
Tutto tace tranne i pensieri che dondolando si fanno dubbi.
Il dubbio nel suo dondolare raccoglie briciole di coscienza.
Ora è certa, non aveva del tutto ragione, ma neanche torto, avrebbe potuto mediare, avrebbe potuto ragionare e dire altro, ma la discussione si era fatta già mulinello e li aveva trascinati ormai verso il fondo, il fondo in cui ciascuno parla per sé e l’altro non ascolta, non può ascoltare, a mala pena sente se stesso.
Si parla, si parla veloce, il tono della voce si alza, ciascuno vuole sovrastare l’altro, imporsi, non c’è comprensione, c’è solo la necessità di schiacciare le convinzioni dell’altro ponendo sopra le proprie, le migliori.
Le migliori che poi migliori non sono, perché, come spesso accade, la verità risiede nel mezzo, ma quel mezzo è rimasto a pelo dell’acqua e galleggia, loro invece sono sul fondo.
Ora lo vede, quel mezzo galleggiare a pelo dell’acqua, vede la verità, vede che, dopo tutto, nessuno aveva veramente ragione o torto, ma come si fa?
Come si fa a tornare indietro?
La pancia si arrotola su se stessa, non voleva, non voleva proprio litigare, non ne valeva la pena, ora lo cerca, lo chiama a gran voce, sente che qualcosa si smuove, sente la pancia srotolarsi, sente che sta arrivando, bussa, gli apre, il coraggio.
Ha bisogno del coraggio, deve farlo, deve chiedere scusa, che bella parola, che fortuna poterla usare.
Lo guarda negli occhi, la lingua bagna le labbra, si stringono, ma è lui a parlare per primo: scusa.
È una piccola parola, così breve da pronunciare, così difficile da dire, così importante, pare che sia sempre più faticoso, più complicato imparare a pronunciarla col cuore, imparare a dire pensandolo davvero: scusa, mi dispiace.
Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.
La canzone di oggi parla di scuse, forse non sarà aderente alla perfezione al giro, ma non importa, è pura poesia e poterla accostare ad un giro di giostra è un onore.
Lucio Battisti – Fiori rosa fiori di pesco:
Buon giorno caro Giostraio,
Descrizione perfetta delle mie discussioni, che alla fine ti lasciano sempr l’amaro in bocca e ti fanno ripensare a tutte le parole spese e che forse non pensavi veramente…
Ma quanto è difficile usare questa parola…per me lo è stato, però con il tempo ho imparato
ad ammorbidirmi e a mettere da parte l’Orgoglio, “brutta bestia”…
Dovrebbero farlo anche altri…ma si sentirebbero inferiori.
La parola scusa, per alcuni, è da deboli…
Per me e’ semplicemente magica e costituisce un insieme infinito di parole da dire…
SCUSA il mio sproloquio…:))
Ti ringrazio sempre tanto per quello che mi regali…Ti lascio il mio abbraccio ❤Roby❤
Buona sera cara Roberta,
quanta ragione nelle tue parole, è incredibile come il coraggio di riconoscere un proprio errore, di aver esagerato o semplicemente sbagliato, sia visto più come un “farsi vedere deboli” piuttosto che forti.
Fare gli “altezzosi” è semplice, ammettere di aver sbagliato e soprattutto caricarsi sulle spalle le conseguenze delle proprie parole e azioni è complicato e richiede coraggio.
Chiedendo scusa non si è deboli, ma coraggiosi, si può sbagliare, è umano, ma chiedere scusa è una grande opportunità per “sistemare la cose”.
Ti auguro un buon inizio settimana, sperando che il venerdì bussi presto alla porta, così potrai leggere il giro di giostra “natalizio”, spero proprio che possa piacere!
Serena serata, un abbraccio e grazie per tutto!!!!<3
Il giostraio.
❤❤❤🎄🎁❤❤❤