Un giorno

Un giorno, per caso, imparai a camminare, ero un bambino spensierato quando un passo mi fece affacciare per la prima volta in passeggiata innanzi al mondo.

Barcollavo e ridevo, ridevo e barcollavo, ma come mi disse mia madre, non cadevo, vedendomi in quel primo buffo giro attorno al tavolo da pranzo il suo cuore le mostrò la verità, i genitori sono la guida, ma le più grandi conquiste le avrei raggiunte da solo.

Non smisi di ridere davanti a questo buffo mondo, neppure quando, tolte le rotelle alla bicicletta, caddi col mento sulla sabbia, le ruote continuavano a girare, ma io ero a terra, occhi gonfi straripanti pianto, mi voltai e la vidi, la bocca sorridente di mia madre, parlava con gli occhi e quello sguardo asciugò le mie lacrime in un sorriso.

Ricordo la farina sui capelli scuri di mio padre, se sei un fornaio la farina fa parte di te e lui l’aveva sempre addosso, lo abbracciavo e abbracciavo pagnotte appena sfornate, lavorava la notte e mi mancava al pomeriggio, tornavo da scuola e dormiva.

Correvo nel cortile ad afferrare la bicicletta, i fischi sotto casa degli amici, le gare di velocità sotto al sole della campagna, l’albero grande, vecchio, il nonno di tutti, in cui incidemmo le nostre iniziali offrendogli in pegno piccoli e grandi sogni.

Quell’albero tenne anche i miei segreti, l’amore per un paio di occhi gialli da gatta e l’azzurra gonna al ginocchio, alzata, la voglia di crescere ed essere uomo.

Le birre e il vino bevuti in brindisi che sembravano non avere mai fine, la festa dei coscritti, un nuovo importante traguardo di vita, non lo immagini vero?

Son stato molte cose, figlio, amico, studente, amante, collega, marito, vicino, sono ancora tante cose, sono tutte queste cose assieme, sono una vita, la mia vita e ora, figlio mio, sono anche tuo padre, la tua guida.

So che per te è impensabile, tu mi hai solo visto forte, determinato e tettoia pronta a ripararti dalle tempeste della vita, ma io sono stato anche altro, una persona che forse non conoscerai mai davvero.

Sono cambiato, ho vestito i panni di mio padre e ora capisco la sua stanchezza, ora capisco il sapore dei suoi abbracci, quanto vorrei farti conoscere la mia storia, com’ero prima, come sono cresciuto, come sono diventato il tuo papà.

Ma non lo saprai mai, perché le stagioni del passato si possono raccontare ma il racconto sarà sempre mediato dal ruolo che ricopriamo quando raccontiamo.

Eh sì, ora non posso dirti che la notte scappavo da casa, scavalcavo il cancello e me ne andavo in giro per il paese a guardar le stelle, finché non intravedevo quel sorriso alla finestra, come potrei spiegare, ora che i tuoi occhi da adolescente cercano di scavalcare i cancelli delle regole, come potrei ammettere che sei uguale a me, ma che ora non posso esserti complice, ma devo essere padre?

La mano sfiora la testa di un ragazzino in quel periodo della vita in cui si vaga, giorno per giorno, oscillando tra l’uomo e il bambino.

Un giorno, un giorno capirai che prima di essere padre sono stato solo un semplice uomo, non ho tutte le risposte, sbaglio, ma provo a guidarti, a fare del mio meglio.

Un giorno sarai curioso e ti racconterò la mia storia di uomo, un giorno, ma ora occhi dorati da gatta mi intimano di ricompormi, di vestire al meglio i panni del padre.

Un giorno capirai che per quanto correrai lontano, ti sarò sempre accanto, siamo uguali figlio mio.

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Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi propone un brano da ascoltare dopo la lettura.

N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.

Gino Paoli – Padre e figlio: