Amava la campagna, amava la terra, quel profumo di erba che si sprigiona quando si è sdraiati al sole, correva a piedi nudi, dal prato alla vigna.
Nella corsa incontrava la mano del nonno che le sfiorava la bionda frangia e gliela spettinava come avrebbe fatto il vento.
Suo nonno, la faccia levigata dal tempo, bruciata dal sole, le labbra di poche parole, la barba perfettamente rasata, in testa il cappello di paglia con una spiga infilata di lato, quella spiga che quando camminava teneva in bocca fischiettando, la chiamava la sua pipa.
Quelle mani, grandi, forti, che nelle unghie macchiate portavano a casa un poco di campo, l’abbracciavano stretta, che la domenica mattina non si lavorava ed erano linde, pulite e in un certo senso diverse.
Le mani di un uomo raccontano, chi è, cosa fa, chi ama e dove è diretto, le mani di un uomo che lavora la terra raccontano il sole, il vento, l’acqua, la sua famiglia e la libertà di essere servo della natura.
Libero di abbracciare con lo sguardo i frutti del proprio lavoro.
Faceva il vino, la vendemmia a quel tempo era la festa, non una festa, ma “la festa” attesa tutto l’anno.
I filari tinti di un rosso scarlatto parevano vie di paese, quelli tinti d’oro erano una piazza gremita di tavoli, sedie, persone ed orchestra, si balla, si mangia, si lavora, si suda e si beve durante la vendemmia.
Era la terra di suo nonno, quella che la racconta, la terra che ora è dei suoi genitori e che forse non sarà mai sua, ma è la terra che protegge i suoi ricordi, le sue avventure, i suoi giochi e gli abbracci del nonno.
È parte di lei, della sua famiglia, è la terra che ama, che in siccità ha visto soffrire e asciugarsi al sole, la terra che durante le piogge estive ha gioito con lei per la freschezza di quei momenti.
Fuoristrada parcheggiati all’ingresso.
Persone sedute che bloccano il passaggio.
Serve un documento.
Un documento e durante il giorno è consentito l’accesso.
Ha più di vent’anni, da qualche anno c’è stato l’ultimo abbraccio del nonno, con la promessa che avrebbe curato e amato la sua terra, l’avrebbe protetta.
Ha più di vent’anni e ora non corre più a piedi nudi dal prato alla vigna, ora cammina, le scarpe ai piedi e un documento in mano.
Non sembra più casa sua, i militari bloccano l’accesso ai filari, per lavorare deve esibire un documento all’ingresso, poi, dopo aver camminato abbastanza, è finalmente sola con i suoi ricordi ed il suo lavoro.
La sera, tornando a casa, ripassa davanti alle auto e a quei ragazzi in divisa che la salutano e la rivedranno domani.
Così ogni giorno.
Esibire il documento.
Quando le dissero come sarebbero cambiate le cose, come avrebbe dovuto vivere il suo quotidiano dovendosi per forza munire di un documento così da essere identificata ogni volta che varcava il confine della sua terra, era smarrita, incredula, come se quella terra non la riconoscesse e le negasse il saluto; ma non era la terra a stabilire barriere, lei era sempre lì ad aspettarla, a volte sembrava addirittura cercarla.
Era l’essere umano che, per un bene diverso, aveva posto confini.
Il profumo di uva che matura al sole, il canto dei grilli a cui potersi abbandonare, tutto è uguale, ma il gusto è diverso.
Respira passate risate, il sapore del puro lavoro, quando tende le mani ai grappoli d’uva maturi sente calore, sente le grandi mani macchiate di terra del nonno, sente una vita spesa al servizio della natura e che con essa aveva fatto amicizia; lei, ancora lì, protesa verso il grappolo d’uva, non pensa al domani ma solo al presente e oggi chi esibisce il documento aiuta per la vendemmia, niente festa, pochi panini, un pranzo frugale.
La sera, facendo ritorno alla sua casa, si gira e guarda le transenne con sopra gli stessi striscioni, ogni giorno li rilegge tutti, quello più grande lo può leggere anche dalla finestra della sua camera: NO TAV.
Quando tutto ebbe inizio era ancora poco informata e molto ignorante sull’argomento, l’unica cosa che da subito ebbe compreso fu che non avrebbe più corso a piedi nudi, dal prato alla vigna.
Ora il giostraio prende la parola:
questo giro di giostra si presta ad accendere gli animi, ma non è la sua intenzione, è un semplice giro come tutti gli altri, racconta un’emozione, la vita di una famiglia come tante altre, racconta i fatti e la realtà.
Non è questo il luogo per “schierarsi”, il giostraio ha una sua idea al riguardo, come tutti del resto, ma non è questo il posto per renderla pubblica, per parlarne, ruberebbe solo la scena alle emozioni che, come avrete avuto modo di intendere, sono il perno che rende possibile il girare di questa giostra.
Attorno a questo perno il giostraio prova a regalare spunti di riflessione che, dopo aver letto, farete vostri, giungendo a costruirvi sopra il vostro personale parere.
Questo è un semplice racconto di emozioni e sensazioni, ispirato da una ragazza incontrata dal giostraio durante l’estate, colgo l’occasione per ringraziarla e mandarle un saluto.
Attenderò come sempre le vostre opinioni.
Al prossimo venerdì.
Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.
Adriano Celentano – Il ragazzo della via Gluck: