E’ così semplice

Candida come la neve la sua pelle accarezzava, carbone erano i capelli in cui le sue mani scivolavano lente.

Plastica rossa, un paio di occhiali appariscenti sul naso rendevano tutto più vero.

Non era perfetta, senza quei rossi occhiali non lo avrebbe potuto vedere, avrebbe solo visto un volto sfocato, ma l’avrebbe amato ugualmente, lui era lei, unico amore in due distinti individui.

Respira borotalco, soffice polvere che liberata sarebbe potuta giungere ovunque, così fu, volò fuori dalla finestra e salutò il sole che invece cercava di entrare, il vento la portò in un’altra casa e così, del semplice borotalco visse le vite degli altri, ancora le vive, perso tra la polvere della città.

Canta, la voce colma d’amore, calda, felice, nulla rovina il momento, anche se il canto non si direbbe molto intonato, ma lui vede solo poesia in quella voce morbida che lo accarezza.

Una mano si poggia sul giradischi, sposta la puntina, il disco comincia a girare, il suono graffiato di canzoni remote si fa presente, un passante alza lo sguardo verso la finestra, li vede ballare e sorride, lo abbassa e continua il cammino, pensa alla moglie e all’abbraccio che troppe volte le ha negato, si farà perdonare al tramonto di questa giornata.

Danzano liberi tra le mura di casa, accarezzano ogni stanza, il ballo si muta in riso.

Lei lo abbraccia stretto, lo bacia, lo accarezza e lo bacia ancora, lui ride, la stringe piú forte, è magnifico, tutto.

Un campanello.

La donna accenna un sorriso, aspettava quel suono, ingannava l’attesa ballando.

Il giradischi continua a cantare e lei con passo elegante, il leggero vestito svolazza, si avvia all’ingresso.

Chi sarà mai l’avventore che così tanto ha atteso?

Gira la chiave dentro la porta che cigola piano.

Si apre.

Un cappello scuro copre la fronte dell’uomo sull’uscio, la guarda, la bacia e sorride.

L’uomo ammira la moglie ed il suo bambino, li aveva visti dalla finestra, aveva sbattuto gli occhi e ringraziato il cielo.

Lei era il sogno divenuto reale, la donna che amava, la madre di suo figlio, la sua confidente, amante, amica.

Li abbraccia, respira il loro profumo, lascia fuori i pensieri, le preoccupazioni, chiude la porta, entra nel loro quotidiano, così semplice, un raggio di sole.

Ora il giostraio prende la parola:

non si dovrebbe spiegare ciò che si è narrato, è questo il fascino di un racconto, dipingere un quadro in cui il lettore possa perdersi per riaffiorarvi con un’opinione personale al riguardo.

Invito colui che non ami in modo particolare il dilungarsi degli scritti a non continuare la lettura, nulla aggiungerò a questo racconto che è nato velocemente ed è già diventato un quadro incorniciato.

Ci tengo a darvi la mia interpretazione al riguardo premettendo che, essendo solo un umile tramite tra voi e le Parole in Giostra, potrebbe non essere l’unica possibile, ma certamente sarà uno spunto ulteriore di riflessione.

Lo so, sto infrangendo le regole, avrei dovuto tacere, ma quale vantaggio avrei ad essere il giostraio senza poter derogare a mio piacimento le norme che disciplinano lo scrivere?

Or dunque miei passeggeri, mi accingo a darvi la mia interpretazione.

L’intento di questo piccolo racconto é trasportarvi in un altro spazio, ovattato dai raggi del sole e dal borotalco usato dalla mamma per cambiare il pannolino al bambino, non è stato raccontato, ma se il borotalco svolazzava, un motivo ci sarà stato, chissà voi quale avrete immaginato.

Spero di essere riuscito a trasportarvi là, in quell’appartamento nel centro di una città sconosciuta, ad ascoltare la musica e i passi di danza della donna, mamma, che sorrideva e baciava il suo bambino.

Vi ho ingannati, avrete certamente creduto che il compagno di ballo della donna fosse un uomo, il suo amato, ho voluto giocare sui ruoli ricoperti dai miei personaggi per portarvi ad accendere l’attenzione sul finale.

L’uomo che scorge la donna ballare con il bimbo non è un passante casuale, è proprio il marito, il papà, che presto suonerà il campanello, non so se tutti l’avrete capito, ma è così che si deve essere quando si legge, liberi di fraintendere lo scritto e farsi un’idea tutta diversa.

Infine arriva la consapevolezza, dell’uomo che rientra a casa, di entrare in una casa serena dove gli attimi felici si vivono con armonia, complicità e intimità, senza cercare in continuazione una felicità che dovremmo trovare nella più semplice e umile situazione.

La felicità ci insegnano a trovarla sempre altrove, in una cena al ristorante, in una serata in discoteca, in un aperitivo in terrazza, in qualche giorno di villeggiatura al mare o in montagna.

Così, distratti, non la troviamo dove c’è sempre, nella semplicità di un piccolo gesto quotidiano, ma che proprio per essere quotidiano, è così ricco di sfumature da diventar fonte di gioia.

Provate a cercare un sorriso nella routine della vita e ne rimarrete stupiti, certo, tra il dire e il fare…tutti conosciamo cosa c’è in mezzo, ma con questo breve racconto spero di essere riuscito a creare un mondo alternativo dove gli echi di un giradischi vi abbiano mostrato la semplicità di una piccola emozione che nasce dal quotidiano.

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